LA VALUTAZIONE DELLE DIFFICOLTA’
Il disturbo specifico dell’apprendimento è caratterizzato da un deficit nell’apprendimento della lettura e/o della scrittura e/o del calcolo in presenza di normale intelligenza. Per questo motivo, una diagnosi di DSA deve riportare gli esiti di due classi di test: test di “intelligenza” e test specifici per gli apprendimenti di tipo scolastico. Tuttavia, una valutazione che, al di là dell’etichetta diagnostica, voglia inquadrare il funzionamento cognitivo del bambino o del ragazzo non può accontentarsi del minimo dei test richiesti affinché la diagnosi sia valida, ma deve approfondire tutti gli aspetti che spesso sono alla base di un andamento scolastico non conforme alle attese: attenzione, memoria, funzioni esecutive.
Dalla famosa legge 170 del 2010 si parla sempre di più di dislessia e disturbi specifici dell’apprendimento. La Scuola e la comunità in generale sembrano sempre più sensibilizzati al tema (per esempio sono molto frequenti gli screening) eppure molti genitori, al momento di portare il proprio figlio a fare una valutazione neuropsicologica,entrano in uno stato di agitazione perché sanno che il ragazzo sarà sottoposto ad alcuni test ma non hanno idea di che cosa questo voglia dire nella pratica.
Proviamo a chiarirlo partendo dalla definizione di disturbo specifico dell’apprendimento: il disturbo specifico dell’apprendimento è una condizione caratterizzata da un deficit nell’apprendimento della lettura e/o della scrittura e/o del calcolo in presenza di normale intelligenza (qui un articolo su intelligenza e funzioni esecutive), tipica esperienza scolastica e istruzione, in assenza di alterazioni neurosensoriali che possano giustificare tale difficoltà (vedi qui per descrizioni più estese: dislessia, disortografia, discalculia, disgrafia).
Detto in altre parole (e semplificando un po’), si tratta di persone intelligenti che fanno molta più fatica del dovuto ad apprendere a scuola. È da questa definizione che discende la scelta dei test per la diagnosi. La valutazione neuropsicologica di solito riguarda proprio l’intelligenza e l’apprendimento di lettura, scrittura e calcolo. In quale modo?
INTELLIGENZA: la Consensus Conference (un comitato di esperti) prevede che per valutare l’intelligenza si debba utilizzare un test multicomponenziale per stimare il livello intellettivo (solitamente la WISC IV). Per i non addetti ai lavori, si tratta di una serie di test con i quale il bambino viene sottoposto a una varietà di prove che indagano diverse aree fra cui, il ragionamento visuospaziale (per esempio, la capacità di trovare soluzioni a figure apparentemente senza senso), la memoria di lavoro (una sorta di memoria a breve termine all’interno della quale avviene una manipolazione mentale delle informazioni), le competenze di tipo scolastico (domande in stile “cultura generale”) le capacità attentive (per esempio con compiti di ricerca di simboli su un foglio).
In alcuni casi vengono usati test monocomponenziali del livello intellettivo (in questo caso ci si imbatterà in nomi e sigle come Matrici Progressive di Raven, CPM, SPM, PM-47, PM-38, Leiter-R…). Si tratta di test di più rapida somministrazione rispetto a quelli multicomponenziali e che solitamente riguardano prove svolte senza mediazione linguistica (cioè non c’è bisogno di parlare). Questa seconda scelta è sconsigliata dalla Consensus Conference.